Siamo talmente abituati a percepire noi stessi in relazione ad una miriade di relazioni e di occupazioni, da avere praticamente perduto il rapporto diretto con la nostra parte più profonda. Questo impedisce di svolgere un reale percorso di conoscenza di sé, potenziando al contrario la mimetizzazione dell’inconscio all’interno della nostra vita da “svegli”. A tal proposito vi propongo un piccolo esperimento: chiudiamo gli occhi… li avete chiusi? “Eh ma poi come facciamo a leggere?” Giusto. Allora facciamo che prima leggete e poi fate l’esercizio, va bene?

Immaginiamo di trovarci su un’isola deserta, soli e senza alcuna possibilità di andare altrove. Niente naufragi o situazioni tragiche (lo so che avete già l’ansia che vi sta attanagliando alla gola), è soltanto una simulazione non realistica, ma fortemente suggestiva. Non abbiamo più niente, ma proprio niente che ci leghi ad un contesto sociale, come famiglia, professione, amicizie o altro. Siamo soli con noi stessi e non abbiamo alcun impegno, alcun progetto, alcun desiderio. Siamo lì, su un’isola deserta, punto. All’interno di questa simulazione chiudiamo ancora una volta gli occhi, accedendo a un livello più profondo. Cosa accade ora? La mente ci permette di stare in un ambiente neutro e sospeso nel tempo? Oppure si attiva alla ricerca spasmodica di un qualcosa che le permetta di continuare a chiacchierare nella nostra testa…

…lasciamo che il rumore della mente si disperda in noi, senza seguire il filo dei pensieri e i sussulti delle emozioni. Niente e nessuno ci sta chiamando. Niente e nessuno ci sta osservando. Siamo soli, con noi stessi. Non c’è luogo più sicuro. Respiriamo, prendiamoci uno spazio senza nome, senza logica. Allentiamo le resistenze e lasciamo affiorare la nostra essenza più profonda… sprofondiamo in lei. Concediamoci del tempo. Quando torneremo, sapremo cosa fare.

 

Un abbraccio ad occhi chiusi

Matteo