Questa mattina è un inizio di giornata ventosa e tersa. Decido di prendermi del tempo per godermi lo spettacolo del panorama offerto dal cielo limpido. Camminando in direzione dell’osservatorio del Campo Dei Fiori sopra alla bella Varese, dove la vista può spaziare dominando un lungo tratto della catena delle alpi, mi accorgo della mia fretta. Vedo che la mia mente è tutta presa a pensare a cosa farò quando sarò arrivato e a come sarà il paesaggio. Non sento i miei passi e il mio respiro, non vedo il bosco intorno a me e, se lo vedo, mi disturba, perché vorrei essere già là, sulla cima. Certo, camminare in fretta fa bene, bisogna fare attività fisica e bla bla bla. E ne avevo anche bisogno, a dire il vero. Ma quante volte, dietro al nostro correre, c’è un’esigenza vera e semplice di correre per fare esercizio e dare aria al nostro corpo. Quante volte, invece, corriamo perché vorremmo essere già arrivati, o per fare un nuovo record da raccontare a petto in fuori a se stessi e, soprattutto, agli altri. Corro, perchè il bello o l’importante mi aspettano altrove, alla meta.
No, caro Matteo, tu ora stai camminando nel bosco, non sei sulla cima, non stai ammirando le montagne. Sei qui e in nessun altro momento né luogo. Al massimo, puoi ammirare ciò che hai ora intorno a te e portarlo dentro di te.
Fortunatamente ho questa vocina che ogni tanto arriva e mi riporta nei ranghi. Mi obbligo, quindi, a rallentare il passo e, oltretutto, mi metto a camminare a zig zag, rallentando ulteriormente il mio procedere sul percorso. Dentro di me altre voci si indispettiscono e si lamentano rumorosamente. Ma io so qual è la mia vera voce e l’ascolto. Nonostante non sia facile mantenere la concentrazione, dopo pochi minuti la mente si placa e torno a sentire i miei passi (e quel bel rumore di foglie secche sotto ai piedi) e il mio respiro, il battito del cuore. Il bosco entra dentro di me, la sua bellezza si mostra ai miei sensi e capisco che è sempre stata lì. Ero io a non esserci. Mi godo il momento e poi riprendo un passo più deciso, ma sto meglio, cammino più in pace. Mangio dal piatto che ho di fronte e non da quello che mi sto immaginando. Credo che questa si chiami Libertà. Penso anche a quello che farò dopo, ma non mi faccio rapire dai pensieri e resto in parte presente alla natura che mi circonda e al mio corpo. Più tardi mi siederò su una panchina al sole e scriverò questo articolo.
Mentre sul tragitto l’aria era mite, arrivato in cima fa un freddo cane. Sono felice che mio suocero mi abbia consigliato di coprirmi e ho portato dietro il passamontagna, che adempie al suo scopo, riparandomi dall’aria gelida che arriva soffiata direttamente da quel bianco nevoso che invade l’orizzonte. Lo spettacolo delle alpi in una giornata di vento invernale non si può descrivere a parole, nè in altro modo, la natura supera qualsiasi tentativo di tenerla ferma.
Un abbraccio ventoso
Matteo